In questo articolo de “La Casetta Guesthouse” vi parlo del Ghetto Ebraico di Venezia, che ieri 29 Marzo 2020 ha compiuto 504 anni.


È un luogo a cui sono molto affezionata, in questo quartiere si trovava una delle sedi dell’Istituto Statale d’Arte in cui ho studiato da adolescente.

Ho girato in lungo e il largo le strette calli del ghetto e tutt’oggi ogni volta che vado a passeggiare a Venezia, cosa che accade molto spesso, mi allungo sempre fino a questa parte di Venezia.

Soprattutto la zona verso San Girolamo e Sant Alvise, è una delle parti più silenziose e tranquille di Venezia, sembra un’altra rispetto alle vie “turistiche” dove oramai si fatica anche a camminare.

Il primo ghetto in Europa

Quello di Venezia è stato il primo ghetto in Europa.
Questo “primato” si deve alla libertà di pensiero caratteristica della Repubblica di Venezia.
Sembra un paradosso vero? Ora mi spiego meglio.

Tra il 1200 ed il 1500, in Europa gli ebrei vennero perseguitati e cacciati dai cristiani:

  • nel 1290 dall’Inghilterra
  • nel 1394 dalla Francia
  • nel 1470 dalla Germania
  • nel 1492 dalla Spagna
  • poco dopo anche dal Portogallo.

La Serenissima, invece, ha sempre mantenuto una certa tolleranza verso tutte le fedi religiose, stabilendo confini ben precisi tra potere religioso e civile.
Questa politica era logica conseguenza della natura commerciale della Repubblica, che intratteneva fruttiferi rapporti con molte culture e religioni diverse e che nel tempo ha portato libertà di pensiero nei veneziani.

Quindi molti ebrei in fuga, perseguitati delle loro nazioni, trovarono rifugio a Venezia.

In realtà, la presenza degli ebrei a Venezia è documentata fin dal 1152, in quanto essi rappresentavano il tramite culturale per il commercio col mondo greco.

Inizialmente però gli ebrei in città dovettero rispettare alcune regole imposte dalla Repubblica, tra cui:

  • non potevano risiedere nello stesso luogo per più di 15 gg consecutivi
  • dovevano portere un segno distintivo, una “O” gialla sul petto prima e poi un cappello giallo o rosso
  • non potevano acquistare case a Venezia
  • non potevano avere rapporti con donne cristiane
  • non potevano esercitare alcuna arte manuale e tra le arti nobili, potevano praticare solo la medicina

Con il tempo queste imposizioni divennero meno rigide, gli ebrei potevano soggiornare più a lungo, molti di loro vivevano nell’isola della Giudecca (probabilmente chiamata così per la forte presenza di “Giudei”).

Usurai, ma non per scelta

Col tempo acquistaro potere, divenendo usurai e banchieri.
A Venezia tale attività fu inizialmente svolta dai Cristiani nei Monti di Pietà, quest’ultimi però vennero ben presto considerati contrari ai dettami della religione cristiana e quindi chiusi.
La chiusura dei Monti di Pietà rappresentò un problema per una città che basava la sua vita sul commercio, quindi tale lavoro venne imposto per legge alla comunità ebraica.

Nel campo del Ghetto Nuovo vi sono dei portici con colonne che ospitavano i Banchi di Pegno, che erano ben tre.

Il Banco Rosso

Il Banco Rosso, il più antico Banco dei Pegni Ebraico di Venezia è oggi visitabile.

Sembra si chiami così perché le ricevute che rilasciava erano di colore rosso (l’espressione “andare in rosso”trae origine, appunto, da qui).

Il Banco Rosso, il più antico Banco dei Pegni del Ghetto Ebraico di Venezia

Il fatto che avessero in mano molto denaro, generò molta invidia da parte dei cristiani, che, guidati dal Senatore Zacaria Dolfin, nel 1516 ottennero un decreto dogale che costringeva tutti gli ebrei sparsi per la città, a vivere in un “geto” presso San Girolamo.

Origine del termine “geto”

Sembra si chiamasse così perchè era sede, dismessa da tempo, di grosse fonferie pubbliche dove si “gettavano” (= si fondevano) la bombarde, ossia i piccoli cannoni delle navi veneziane.
Poi in realtà il termine fu “esportato” anche il altri luoghi, ma la sua origine è tutta veneziana.

Il Ghetto era una specie di “castello” protetto da alte mura e circondato da acqua su tutti i lati, a cui si accedeva attraverso speciali ponti levatoi.

Le porte in prossimità di questi ponti venivano aperte all’alba al suono della “Marangona” (il suono della campagna maggiore del campanile di San Marco, chiamata così perché i suoi rintocchi annunciavano l’inizio e la fine dell’orario di lavoro dei marangoni, cioè dei carpentieri dell’Arsenale) e chiuse al tramonto da 4 custodi pagati dagli stessi ebrei.

Per tutta la notte guardie armate pattugliavano la zona per garantire che nessuno entrasse o uscisse dal ghetto.

L’urbanistica del quartiere è unica per la città, con le sue case altissime, che raggiungono anche gli otto piani e strette le une altre altre.
Questo fatto fu una logica conseguenza del ristretto spazio abitativo messo a disposizione agli ebrei.
Non potendo espandersi in larghezza, lo fecero in altezza!
Non troverete a Venezia altri edifici così alti, adibiti a scopo abitativo.

Le case nel ghetto ebreo erano altissime ad addossate le une alle altre

Le Sinagoghe, dette anche “Scuole”, erano 5, una per ciascuna nazione di provenienza della relativa comunità:

  • La Scuola Grande Tedesca
  • La Scuola Canton
  • La Scuola Italiana
  • La Scuola Spagnola
  • La Scuola Levantina.


Alcune si possono visitare, vi consiglio di prenotare la visita, qui un link con informazioni.

La Scuola Levantina

La chiusura del ghetto ebraico di Venezia

Le porte del ghetto ebreo di Venezia vennero chiuse il 7 luglio 1797 con la fine della Serenisima.

Due suggerimenti per provare la cucina ebraica

A mio parere una visita al quartiere ebraico di Venezia non deve mancare, è un pezzo della storia di Venezia che ci racconta molto.
E se durante la visita al ghetto vi venisse fame, vi consiglio due posti in particolare:

  • Il mio preferito, perfetto per assaggiare i dolci della tradizione ebraica, è in realtà un panificio, il Panificio Giovanni Volpe, si trova in Ghetto Vecchio. Molti degli spuntini di “ricreazione” venivano consumati qui da me e da molti altri studenti, dolci buonissimi!

  • L’altro è un grande classico, il primo ristorante kosher di Venezia il Gam Gam, che si trova proprio all’entrata del ghetto, vicinissimo al ponte delle guglie.
    Si mangia bene, è frequentato da molti turisti ma anche da altrettanti ebrei che vivono ancora a Venezia, c’è una bella atmosfera, ma è assolutamente necessaria la prenotazione con largo anticipo, sempre pieno!

Spero il mio articolo vi abbia fatto voglia di visitare il ghetto ebraico di Venezia!

Per altre informazioni su questa meravigliosa città, che si raggiunge in 20 minuti di treno da Treviso, vi rimando alla pagina dedicata!

Alice


La Casetta Guesthouse
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